Ci sono luoghi che per una ineludibile disposizione dello spirito sono destinati a rappresentare meglio e più di altri l'identità, la vocazione, il sentimento dei popoli che li hanno eletti come casa. Ci sono siti archeologici e monumenti che, in essi, hanno assurto a un ruolo iconico e a una rilevanza riconosciuta oltre i confini di appartenenza. Attraverso luoghi e monumenti si leggono pagine di storia del mondo: un'antologia di preziosi riferimenti, una sorta di vangelo della diversità culturale, che richiede uno sforzo collettivo perché non vada a degradarsi o a perdersi in via definitiva. Per sensibilizzare istituzioni e opinione pubblica, il 18 aprile del 1982 - in occasione di un simposio organizzato dall'ICOMOS (International Council on Monuments and Sites) in Tunisia -
è stata proposta l'istituzione della "Giornata internazionale dei monumenti e dei siti": il progetto è stato approvato dal Comitato Esecutivo che ha fornito suggerimenti pratici ai Comitati Nazionali su come organizzare questa giornata. A sua volta, l'idea è stata adottata dalla Conferenza generale dell'UNESCO che, nella ventiduesima sessione del novembre 1983, ha raccomandato agli Stati membri di esaminare la possibilità di un “World Heritage Day” o "Giornata del patrimonio mondiale". L’identificazione, la protezione, la tutela e la trasmissione alle generazioni future del patrimonio culturale e naturale di tutto il mondo rientrano infatti tra le missioni principali dell’UNESCO. Si legge nel sito dell'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura: “Il Patrimonio rappresenta l’eredità del passato di cui noi oggi beneficiamo e che trasmettiamo alle generazioni future. Il nostro patrimonio, culturale e naturale, è fonte insostituibile di vita e di ispirazione. Luoghi così unici e diversi quali le selvagge distese del Parco Nazionale di Serengeti in Africa Orientale, le Piramidi d’Egitto, la Grande barriera australiana e le cattedrali barocche dell’America latina costituiscono il nostro Patrimonio Mondiale”.
Anche la Sardegna, terra arcaica e culla di civiltà millenarie, rappresenta uno snodo importante nella vita culturale del Mediterraneo. La riscoperta delle diverse peculiarità locali e la valorizzazione della dimensione comunitaria possono essere lette e interpretate all'interno di un vasto progetto di tutela delle specificità ambientali dei luoghi. L'ambiente può essere un riferimento simbolico, e non solo, di sentimenti di identità e di appartenenza, ma questi ultimi, a loro volta, possono essere occasione di rinnovata attenzione all'ambiente. La riflessione sui legami tra le identità locali, la gestione dei problemi ambientali e le forme di esistenza comunitaria è il filo conduttore della Strategia 7 del progetto di Maristanis, coordinato dalla Fondazione MEDSEA.
Nell'ambito del progetto è stata sviluppata una mappa del patrimonio ecologico, relativa all'uso storico delle zone umide dell'oristanese. Le visite sul campo sono state realizzate a partire dal novembre 2017 durante gli eventi ufficiali del progetto Maristanis (visite del Comitato Direttivo Internazionale, Wetland Day, eventi culturali) e sono state organizzate per incontrare ogni Comune e i diversi gruppi di interesse (associazioni, scuole, operatori economici, pescatori). Un lavoro di condivisione che ha portato all'individuazione dei primi 4 patrimoni culturali (divisi per tipologia sulla base della classificazione PPR) sui quali le comunità intendono intervenire e investite. Per il patrimonio tangibile: Idrovora di Arborea (Architettonico); Torre Marceddì (Paesaggio); Arco S'Archittu (Paesaggio). Per il patrimonio immateriale: arte dell'intreccio col giunco e le erbe palustri di San Vero Milis. L'obiettivo è ambizioso: rinsaldare il legame tra ambiente e territorio per promuovere la cultura e le attività economicamente sostenibili.
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