La Giornata della Terra, 49esima edizione sotto l'egida delle Nazioni Unite, ricorre ogni anno il 22 aprile: un evento globale che interessa 193 nazioni, 22 mila comitati e circa 1 miliardo di persone.
Il 22 aprile 1970 si tenne dunque la prima Giornata della Terra, cui parteciparono milioni di cittadini statunitensi, con il coinvolgimento di college, università, associazioni ambientaliste. Fu anche istituito l’Earth Day Network (EDN), un’organizzazione diventata poi internazionale per coordinare le iniziative dedicate all’ambiente durante tutto l’anno (dell’EDN fanno ora parte migliaia di movimenti e associazioni da tutto il mondo).
L’anno seguente le Nazioni Unite ufficializzarono la partecipazione all’organizzazione, dando nuova visibilità e rilievo all’iniziativa. In 49 anni, la Giornata della Terra ha contribuito in modo determinante allo svolgimento di iniziative ambientali in tutto il mondo che, nel 1992, portarono all’organizzazione a Rio de Janeiro del cosiddetto Summit della Terra, la prima conferenza mondiale dei capi di stato sull’ambiente. Al centro dell'edizione del 2019 il tema delle specie a rischio.
Uno degli obiettivi delle Giornate Mondiali è quello di ampliare la platea degli 'amici dell'ambiente'. La perdita della biodiversità, lo sfruttamento del pianeta, i cambiamenti climatici non sono tematiche care solo agli eco-militanti: il luogo comune è sfatato da alcuni personaggi di assoluto rilievo, che hanno fatto propria la battaglia per la casa comune. Qualche esempio?
Sembrano le parole di un 'ambientalista di professione', sono le parole di Papa Francesco, tratte dall'enciclica “Laudato si'” con cui ha inaugurato il Pontificato: “ (…) Probabilmente ci turba venire a conoscenza dell’estinzione di un mammifero o di un volatile, per la loro maggiore visibilità. Ma per il buon funzionamento degli ecosistemi sono necessari anche i funghi, le alghe, i vermi, i piccoli insetti, i rettili e l’innumerevole varietà di microorganismi. Alcune specie poco numerose, che di solito passano inosservate, giocano un ruolo critico fondamentale per stabilizzare l’equilibrio di un luogo. È vero che l’essere umano deve intervenire quando un geosistema entra in uno stadio critico, ma oggi il livello di intervento umano in una realtà così complessa come la natura è tale, che i costanti disastri causati dall’essere umano provocano un suo nuovo intervento, in modo che l’attività umana diventa onnipresente, con tutti i rischi che questo comporta. Si viene a creare un circolo vizioso in cui l’intervento dell’essere umano per risolvere una difficoltà molte volte aggrava ulteriormente la situazione. Per esempio, molti uccelli e insetti che si estinguono a motivo dei pesticidi tossici creati dalla tecnologia, sono utili alla stessa agricoltura, e la loro scomparsa dovrà essere compensata con un altro intervento tecnologico che probabilmente porterà nuovi effetti nocivi. Sono lodevoli e a volte ammirevoli gli sforzi di scienziati e tecnici che cercano di risolvere i problemi creati dall’essere umano. Ma osservando il mondo notiamo che questo livello di intervento umano, spesso al servizio della finanza e del consumismo, in realtà fa sì che la terra in cui viviamo diventi meno ricca e bella, sempre più limitata e grigia, mentre contemporaneamente lo sviluppo della tecnologia e delle offerte di consumo continua ad avanzare senza limiti. In questo modo, sembra che ci illudiamo di poter sostituire una bellezza irripetibile e non recuperabile con un’altra creata da noi”.
Sembrano le parole di un attivista radicale, sono le parole di Serge Latouche, professore emerito di Scienze economiche all'Università di Parigi XI e all'Institut d'études du developpement économique et social (IEDES) di Parigi.
“ (…) Come ho spiegato nei miei libri, occorre rifondare l’economia secondo il circolo virtuoso delle 8 R (cioè Rivalutare, Ricontestualizzare, Ristrutturare, Rilocalizzare, Ridistribuire, Ridurre, Riutilizzare, Riciclare) . Il primo passo è rivedere i valori in cui crediamo. Per esempio bisognerebbe mutare questa idea che vede gli esseri umani come i padroni della natura, perché non possiamo continuare a distruggerla fino in fondo. Dobbiamo imparare a vivere in armonia con essa, non trattandola più come predatori, ma come dei buoni giardinieri. Le persone dovrebbero anche cambiare il modo di comportarsi non solo nei confronti dell’ambiente, ma anche nei confronti dei
loro simili, introducendo più cooperazione e altruismo nei rapporti. Questo presuppone anche una certa frugalità nei consumi e senso dell’autonomia, con la finalità di sviluppare la resilienza delle società, cioè la loro capacità di trasformarsi in modo positivo e senza traumi. Non si tratta certamente di rifiutare i valori della scienza e della tecnica, ma di renderle meno prometeiche e più rispettose della natura”.
Sembrano le parole di uno dei tanti manifestanti in piazza per il clima, sono le parole dell'ex vice presidente Usa, Al Gore: “ (…) "Io penso che la stragrande maggioranza della gente capisca molto bene che è un problema estremamente serio, che ne siamo responsabili noi, e che bisogna agire in modo rapido e deciso per risolverlo. Gli argomenti più convincenti sono quelli che ci ha posto davanti Madre Natura. Ormai gli eventi climatici estremi sono così frequenti e gravi che è difficile ignorare ciò che sta avvenendo, e anche quelli che non vogliono usare espressioni come 'riscaldamento globale' o 'crisi climatica' stanno trovando altri modi per dire: 'Sì, dobbiamo passare al solare, all'eolico, alle batterie, alle automobili elettriche e via dicendo'. Stiamo rischiando moltissimo".
Sembrano le parole di uno dei tanti ricercatori inascoltati, sono le parole dell'attore Leonardo Di Caprio, pronunciate in occasione dell'88esima edizione degli Oscar: “Il cambiamento climatico è reale. Sta accadendo in questo momento. È la minaccia più urgente per tutta la nostra specie, e abbiamo bisogno di lavorare collettivamente insieme e smettere di rimandare. (…) Cerchiamo di non dare questo pianeta per scontato. Non prendo questa sera per scontata”.
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