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Sostenibilità, ambiente e comunicazione: le sfide del decennio

La comunicazione è un mezzo sempre più essenziale per far emergere le sfide ambientali in corso e le sue soluzioni, però non sempre riesce ad essere efficace. Nell’industria dell’informazione 2.0 chiunque mettere in circolo un’infinità di dati non sempre verificabili e parlare di ciò che vuole, per cui a volte alcune minacce ci sembrano più o meno lontane a seconda dell’onda di informazioni del momento. Eppure oggi, rispetto al passato, tocchiamo con mano questi temi nel nostro quotidiano e il pubblico sembra più attento ed informato.
 
Il tema è stato approfondito nel webinar online su “Sostenibilità, ambiente e zone umide: le sfide della Comunicazione” che si è svolto sulla pagina di MEDSEA in occasione del cartellone di eventi della giornata mondiale sulle zone umide. Hanno preso parte Vania Statzu (economista ambientale e vicepresidente MEDSEA), Chantal Menard (esperta di comunicazione MedWet), Sara Segantin (autrice, divulgatrice scientifica e ambasciatrice MEDSEA) e Matilde Schirru (ricercatrice all’ IBE-CNR).  
L’approfondimento online delle esperte in comunicazione scientifica ha attraversato tre principali quesiti: come è cambiata l’informazione sull’ambiente in questi decenni, come il giornalismo e il mondo dei media tratta oggi questi temi e quali eventuali distorsioni, quale la percezione generale su queste tematiche e come migliorare l’efficacia dei messaggi. 

Per Vania Statzu il punto di svolta della comunicazione ambientale, da scientifica e di nicchia a informazione di massa, si è verificata con l’Accordo di Parigi, che nel 2016 ha sancito i contenuti dell’Agenda 2030 per l’integrazione delle misure di cambiamento climatico nelle politiche nazionali. “In questo contesto, i temi ambientali diventano d’attualità nel momento in cui si integrano con aspetti sociali ed economici, quelli che ci riguardano più da vicino, passando da argomento di nicchia tra gli accademici a vigoroso dibattito sociale”, spiega l’economista ambientale della Fondazione MEDSEA. Per Chantal Menard, esperta di comunicazione ambientale, “oggi gli strumenti innovativi che abbiamo ci permettono di far arrivare e recepire l’argomento ambientale in modo eccezionale, non abbiamo più bisogno di raggiungere “i pubblici” o di intraprendere con loro un long life learning (apprendimento e formazione continua) nel quale restano del tutto passivi. I cambiamenti sono palpabili nel nostro quotidiano, la stampa è informata e preparata”. Tuttavia, spiega Menard, “abbiamo bisogno di educazione allo sviluppo sostenibile che coinvolga attivamente le persone, dalle grandi imprese ai singoli cittadini”. 
 
Così, il messaggio della crisi climatica si è trasformato gradualmente in un imperativo forte e chiaro, un invito a partecipare attivamente al processo di cambiamento e migliorare le nostre abitudini. Ora più che mai è necessario ottimizzare il rapporto tra comunicazione e ambiente per creare un riscontro concreto. 
“Di cambiamento climatico ne sentiamo parlare ogni giorno – spiega Sara Segantin, autrice e divulgatrice ambientale. Dai giornali, ai social, alle varie manifestazioni. Anche se le notizie si susseguono in un marasma di informazioni messe tutte sullo stesso piano, il messaggio risulta chiaro e persistente. Eppure, le persone non si sentono ancora parte del processo decisionale. Ma sensibilizzare significa anche questo, infondere un senso di responsabilità. Perciò le sfide che la comunicazione dovrà affrontare sono molteplici e mirano a verificare la presa di posizione delle persone, quindi quanto la comunicazione ambientale ha impatto sui singoli individui (ad esempio sui loro modelli di comportamento)”. 


QUALI LE SOLUZIONI PER UNA COMUNICAZIONE AMBIENTALE PIU’ EFFICACE? 

Spesso i giornalisti, che rappresentano l’anello di congiunzione tra ricercatori e audience, non hanno né la formazione né il tempo materiale per affrontare il tema ambientale a 360 gradi. Allo stesso tempo gli scienziati non riescono a tradurre in parole povere argomenti così complicati e che, già di per sé, ci appaiono “più grandi di noi”. “Occorre semplificare gli argomenti senza banalizzarli, ma occorre anche trovare un linguaggio comune”, rimarca Matilde Schirru del CNR.  

A questo proposito, dalla conferenza MEDSEA sono emerse diverse soluzioni: 

1 – Corsi di formazione per gli accademici in modo da comunicare meglio i dati scientifici a un pubblico diversificato. Sarebbe molto utile anche nell’ottica di integrare il tema d’ambiente non solo nelle attività didattiche ma in tutte le discipline scolastiche.
 
 
2 – Smettere di parlare di cambiamento climatico in chiave “terroristica” e parlare invece delle soluzioni, che spesso “ci sono, ma non sono note o non vengono implementate”. Parlare con le persone per le persone delle esperienze dirette raccontate da chi le sperimenta sul campo e dei risultati positivi già raggiunti. “Tutto ciò aiuta a rendere il problema più tangibile, ad avvicinare questa società così lontana dalla natura per sentirsi più parte di essa”, spiega Menard.  

3- Un altro aspetto importante sono le premesse. Farsi le giuste domande aiuta a ricostruire una storia del problema per capire le premesse che l’hanno causata.  “Ma è inutile se rimaniamo della convinzione che queste premesse non esistano o non possano essere modificate, - spiega Segantin -  perché torniamo sempre al punto di partenza. 

4 - Infine, è importante un’educazione all’incertezza intesa come futurologia, “abituare cioè le persone a ciò che gli studiosi hanno previsto e, soprattutto, ad orientare correttamente il proprio comportamento verso il futuro”, aggiunge Schirru. 
Il confronto ha prodotto una consapevolezza importante. Comunicazione e ambiente devono andare di pari passo. Non dobbiamo perderci nella complessità del messaggio, ma ritrovarci, recuperare il nostro rapporto con la natura e riacquistare fiducia nella scienza.   

Una comunicazione forte è la chiave del cambiamento sociale. 


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