Il Mediterraneo, per la sua ricchezza di biodiversità, risulta essere tra i più importanti ecosistemi al mondo. Secondo uno studio pubblicato su “Nature Climate Change” è proprio nel Mare Nostrum che negli ultimi decenni si è registrato un aumento delle temperature medie annuali di circa 1,4°C al di sopra del livello preindustriale, 0,4°C in più rispetto alla scala globale.
E che dire invece riguardo alla minaccia dei rifiuti in mare (marine litter)? Appare importante, infatti, come la loro corretta gestione, in particolare quella della plastica, sia di rilevante interesse. L’inquinamento da micro e macro plastiche rappresenta la principale minaccia per i mari di tutto il mondo e per tante specie che vi abitano. Tra queste le più vulnerabili sono sicuramente la tartaruga marina Caretta caretta, insieme a balenottere e tanti uccelli marini quali, ad esempio, la Berta maggiore spesso vittime di questa tipologia di inquinamento.
Ma perché la biodiversità marina è così importante? Essa rappresenta la varietà degli esseri viventi che popolano i nostri mari a livello di geni, di specie, di popolazioni e di ecosistemi. Si basa su fragili equilibri. Dalla sopravvivenza di una singola specie può dipendere il destino di un intero ecosistema e non solo. Oggi milioni di persone dipendono dalle risorse marine per il loro mezzi di sostentamento. Se ben gestiti gli ecosistemi marini potrebbero generare molto di più di quanto si possa pensare ed essere capaci di sostenere le comunità in maniera ancora più robusta. La biodiversità non è distribuita in modo uniforme sulla Terra: essa varia con la latitudine, l’altitudine e altri fattori che agiscono su scala locale.
Su scala globale, invece, la relazione più evidente è tra la biodiversità e la latitudine: man mano che ci si sposta la diversità biologica (numero di specie, diversità e complessità di ambienti) aumenta spostandosi dai poli verso l’equatore. Un ruolo fondamentale è giocato sicuramente dall’irraggiamento solare (e quindi di energia) che aumenta spostandosi verso l’equatore. Quest’ultima infatti permette la coesistenza di un più alto numero di strategie evolutive diverse e quindi, nel lungo termine, un maggiore numero di specie. Poiché quindi, la biodiversità e le minacce nei suoi confronti non sono distribuite in modo uniforme sulla Terra e alcune specie sono più sensibili di altre alle stesse minacce, possiamo prendere in considerazione due possibili strategie di conservazione. La prima è la conservazione a livello di specie, individuando quelle minacciate e mettendo in atto azioni mirate per esse; la seconda è la conservazione a livello di area geografica, individuando i siti che presentano una vasta biodiversità marina ma che sono al contempo minacciati. Non possiamo quindi stare con le mani in mano. Sensibilizziamo ed educhiamo chi ci sta intorno, perché solo questa è la regola per la salvaguardia.
Claudia Desogus
biologa marina - MEDSEA
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