La Giornata Mondiale dell’Acqua, nel 2019, riprende un tema caro alle Nazioni Unite: Water for all – Acqua per tutti. Il significato è chiaro: tra gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite, il n. 6 ha come finalità quella di “Garantire la disponibilità e la gestione sostenibile di acqua e condizioni igieniche per tutti” entro il 2030. Questo significa garantire l’accesso universale all'acqua pulita e potabile, e a garantire adeguate condizioni igieniche, soprattutto per le fasce di popolazione più vulnerabili.
È un problema che ci riguarda? Apparentemente no. In Sardegna, praticamente tutta la popolazione riceve acqua potabile. Eppure, siamo tutti consapevoli che problemi di approvvigionamento e potabilità si sono presentati (e si presentano) in diversi comuni della Sardegna. Le cause sono diverse: le più note fanno riferimento alle carenze della manutenzione delle reti legate alla vetustà delle reti e alle criticità finanziarie e gestionali. Una causa meno nota riguarda la mancanza di pianificazione urbanistica: molti comuni si sono espansi nel corso dei decenni in maniera confusa, spesso legata a fenomeni di edificazione dell’agro e dell’abusivismo edilizio, senza che a questo sviluppo delle abitazioni corrispondesse un ragionato sviluppo delle reti dei servizi. Così, in molte situazioni, le reti sviluppate per poche utenze hanno visto moltiplicarsi negli anni gli allacci, situazione che ha determinato inefficienze e talvolta difficoltà nell’approvvigionamento.
La qualità delle risorse idriche sarde, provenienti dal vasto sistema di laghi artificiali costruito nel secolo scorso, è in linea di massima buona, anche se per renderla potabile sono necessari appositi trattamenti che influiscono sul costo finale, così come il trasporto che necessita di pompaggi e sollevamenti il cui costo energetico contribuisce in una percentuale elevata alla formazione del prezzo pagato dagli utenti finali. Diversa è la situazione in quei comuni (sempre meno, fortunatamente) in cui l’approvvigionamento avviene tramite pozzi: soprattutto in ambito costiero, sono frequenti i fenomeni di intrusione salina che rendono l’acqua di scarsa qualità (con costi superiori di potabilizzazione). L’uso massiccio di queste acque in agricoltura danneggia il suolo e ha ripercussioni sulla produzione agricola.
Questa situazione è sempre più spesso compromessa dall’alternarsi di eventi estremi, piogge intense e siccità che, per motivi diversi, influenzano la qualità delle acque. Le piogge estreme portano fanghi e altri detriti che poi si depositano sul fondo dei bacini, oltre a causare alluvioni che danneggiano abitazioni ed infrastrutture, mettendo a rischio le attività economiche e causando morti e feriti. La siccità è associata alla mancanza d’acqua e raramente la si associa al peggioramento della qualità; ma la siccità abbassa il volume di acqua presente nei bacini, lasciando arrivare la luce solare negli strati più bassi dove sono presenti più detriti ed alghe: con la luce e col caldo, il proliferare delle alghe riduce l’ossigeno presente causando eutrofizzazione ed anossia, portando alla morte dei pesci presenti nell’invaso. Questo determina la necessità di incrementare i trattamenti per poter rendere potabile l’acqua con ripercussioni sul costo dell’approvvigionamento idrico.
La Strategia Regionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (febbraio 2019 http://delibere.regione.sardegna.it/protected/45523/0/def/ref/DBR45368/) dichiara che la nostra Isola “sarà caratterizzata in futuro da un generale incremento delle temperature (sia nei valori medi che nei valori estremi), da una generale riduzione della quantità di precipitazione a scala annuale e da una elevata intensità e frequenza di eventi meteorologici estremi (ondate di calore con conseguenti fenomeni a carattere siccitoso ed eventi di precipitazioni intense), che comporteranno, ad esempio, una perdita della produttività ed effetti sul benessere animale per il comparto agricolo o un incremento del rischio incendi e la perdita dei servizi ecosistemici nel comparto forestale”.
Per assicurarci le risorse idriche necessarie alla nostra esistenza saremo costretti ad adottare misure di mitigazione ed adattamento che, tuttavia, non eviteranno la gran parte dei danni se non limitiamo l’aumento della temperatura di due gradi rispetto alla media delle epoche preindustriali. E per evitare il peggio non rimane che attuare tutte quelle misure e norme che riducono le emissioni climalteranti, come ridurre il consumo di combustibili fossili.
Perciò, se nei prossimi decenni, vogliamo evitare che “Water for all” riguardi anche noi, dobbiamo modificare il nostro stile di vita riducendo il consumo idrico ed eliminando le fonti di inquinamento, incluse quelle che causano il cambiamento climatico.
Vania Statzu | economista ambientale MEDSEA
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