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Living lab in Sardegna per affrontare il cambiamento climatico con Wetland4Change

La Sardegna, ancora una volta, grazie ai suoi ampi bacini di aree umide di Importanza internazionale RAMSAR, con una delle più estese concentrazioni d'Italia, si conferma un laboratorio naturale di rilevanza strategica per sperimentare soluzioni basate sulla natura, con l'obiettivo di rafforzare la resilienza dei territori, tutelare la biodiversità e promuovere un modello di gestione integrata delle zone umide in chiave climatica e sostenibile. 

Il 13 e 14 maggio 2025, una ventina di ricercatori dall'Università di Valencia (Uveg), di Malaga (Uma), dall'Istituto greco per le Wetlands EKBY e da Tour Du Valat, punto di riferimento internazionale per la conservazione delle zone umide mediterranee, oltre che dalla Fondazione MEDSEA di Cagliari, coordinatore dell'incontro e partner di progetto, si sono riuniti tra Cagliari e Terralba per testare alcune soluzioni basate sulla natura e di adattamento ai cambiamenti climatici nelle zone umide. Nel gruppo erano presenti anche alcuni referenti del governo valenciano, come Ignacio La Colomba, e Aylin Hasan dal Ministero dell'ambiente e delle acque bulgaro, oltre che dall’assessorato regionale della Sardegna per la difesa dell’ambiente. 

Wetland4Change, Progetto europeo Interreg Euro-MED, punta a validare e promuovere soluzioni trasferibili basate sulla conservazione e il ripristino delle zone umide (tecnicamente “NbS”, soluzioni basate sulla natura). L'obiettivo è quello di favorire l'adattamento e la mitigazione degli eventi estremi causati dai cambiamenti climatici, come le alluvioni, ma anche come soluzione naturale per ridurre il rilascio di alcuni gas climalteranti nell’atmosfera, come la CO2, tra le principali cause del cambiamento climatico. 

A tal proposito, nella giornata di mercoledì, sono state effettuate alcune misurazioni nello stagno di San Giovanni sulla capacità di stoccaggio della CO₂ attraverso un analizzatore dei gas in alcune aree della zona umida, che è anche uno dei 5 siti pilota del progetto. Le rilevazioni hanno messo in evidenza come aree anche contigue dello stagno possano variare significativamente in termini di capacità di stoccaggio e rilascio della CO₂, a seconda di vari fattori come la profondità, la salinità dell’acqua e la presenza di materiale organico. 

“Queste informazioni, che rappresentano il primo studio combinato di questo tipo, - spiega Stanimira Ivanova, coordinatore per Wetland4Change dall’University of Forestry di Sofia (in Bulgaria), capofila di progetto - mirano a fornire una base scientifica solida per comprendere il ruolo delle zone umide nella regolazione del carbonio e delle alluvioni e supportare l’identificazione delle aree prioritarie da tutelare o ripristinare per massimizzare la funzione di sequestro”. 
“I dati raccolti saranno utili anche per affinare i modelli di valutazione e contribuire alla definizione di strategie locali di adattamento e mitigazione al cambiamento climatico - afferma Carlos Rochera dall’Università di Valencia - ad esempio, monitorando i flussi di gas serra potrà orientare la gestione delle zone umide in linea con gli obiettivi climatici, così come supportare le strategie di gestione su vegetazione e sedimenti”. 

"Le zone umide rappresentano un alleato fondamentale nella lotta ai cambiamenti climatici", ha infine concluso
Petar Petrov, manager di progetto per Wetland4Change. 
Gli esperti di Tour du Valat (TdV) e dell'Università di Malaga (UMA) hanno illustrato infine le tecnologie e i modelli predittivi impiegati per mitigare l'impatto delle alluvioni grazie ad una gestione intelligente delle aree umide, preziosissime aree cuscinetto e "spugna", capaci di assorbire l'acqua in eccesso e rilasciarla gradualmente, limitando i danni per infrastrutture, produzioni e persone. 

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